Città del Vaticano – Il celebre Nicchione che svetta sul colle vaticano, nel cuore del percorso museale, è stato finalmente restaurato. Il colpo d’occhio è impressionante perchè la fine dei restauri ha riportato alla luce i colori iniziali, non più il giallo ocra ma colori pastello, esattamente quelli che doveva avere quando fu costruito da Pirro Liborio, sotto il pontificato di Pio IV. Ci sono voluti vent’anni di studi e tre di lavori e proprio in questi giorni si stanno svelando i passaggi compiuti. I tecnici hanno spiegato che «sono state conferite alle superfici la morbidezza adeguata alla loro storia, e l’intero edificio è stato trattato con tinte a calce, latte e pigmenti naturali. Tramite questa soluzione il colore delle superfici muta durante l’arco della giornata reagendo alla luce che passa dal bianco roseo dell’aurora ai toni più caldi del tramonto».
La notizia è stata pubblicata sull’Osservatore Romano che mette in luce il peso del passaggio cromatico. «Il colore rappresenta in realtà il segno più vistoso di un lavoro per la conservazione del monumento che in larga misura resta invisibile dietro le cortine murarie e le superfici intonacate». Attualmente larga parte del Belvedere è oggetto di un consolidamento statico e di una riqualificazione delle superfici in muratura di laterizio a vista, che sta restituendo integrità anche alle parti inferiori dell’edificio. Il giornale vaticano commenta che ora ci vorrà del tempo prima che la gente si abitui a questa sagoma così chiara, ma come ogni cosa anche «questo restauro invecchierà e il tempo aiuterà a rendere le sue superfici più ricche di colori».
E’ dall’emiciclo del Museo Egizio (sala V) che si accede alla Terrazza del Nicchione che domina il lato settentrionale del Cortile della Pigna. Ligorio sostituì il Nicchione alla bassa ed elegante esedra bramantesca che, decorata con nicchie e paraste, non superava in altezza la facciata. In questo spazio sono oggi esposti tre sarcofagi della XXVI dinastia provenienti da Menfi e otto statue della dea leonessa Sekhmet dal recinto della dea Mut a Karnak. Altre quattro statue della dea (di una resta sola testa) sono collocate lungo il percorso della sala dell’emiciclo. La colossale pigna di bronzo, che domina il cortile da questa terrazza, in origine era una fontana romana del II secolo rinvenuta in Campo Marzio. Nel 1608 fu trasportata nel cortile che da allora prese il suo nome.Nel cortile sottostante, sotto la grande Pigna, ai due lati della fontana, sono i due leoni giacenti del faraone Nectanebo I.
Da Il Messaggero
Per saperne di più: http://www.osservatoreromano.va/it/news/un-futuro-dal-volto-antico