La Chiesa di Santa Marta al Collegio Romano, nel centro della Capitale, cambia pelle. Da sala per riunioni e convegni l’edificio, dopo una chiusura durata qualche anno, è stato affidato all’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro che l’ha trasformato in un vero e proprio laboratorio in piena attività. Uno spazio, che potrà essere visitato su prenotazione da gruppi di 20-25 persone, nel quale si restaurano dipinti murali, proponendo per ora tre esempi molto diversi tra loro per provenienza, tecnica e condizioni conservative. Il laboratorio è stato inaugurato dal ministro dei Beni culturali e del Turismo, Dario Franceschini, accompagnato dal direttore dell’Iscr, Gisella Capponi. “L’Italia rappresenta l’eccellenza riconosciuta nel mondo del restauro per le sue scuole e gli istituti di cui dispone. Non c’è, però, fino in fondo la consapevolezza da parte dell’opinione pubblica, e non soltanto dei ragazzi, – ha spiegato Franceschini – di che cosa significhi per un Paese poter essere orgogliosi di questa eccellenza”. Il laboratorio di Santa Marta, ha aggiunto il ministro, è importante anche per “fare capire come avviene il restauro nelle sue diverse fasi. L’idea, quindi, è quella di creare nel cuore di Roma un laboratorio che resterà aperto per studenti, viaggiatori e cittadini che potranno venire e seguire direttamente tutte le fasi del restauro. Questo è un luogo importante che investe su una grande eccellenza italiana. Negli anni diventerà uno spazio simbolico e attrattivo per il nostro Paese”.
“La vita e la gestione di questo laboratorio – ha sottolineato Gisella Capponi direttore dell’Iscr – è una sperimentazione: qui non si vedranno i momenti spettacolari del restauro, ma il lavoro quotidiano. Lavori ai quali parteciperanno esperti per la diagnostica” e che saranno arricchiti da “momenti di approfondimento storico con archeologi e storici dell’arte. Attraverso queste visite speriamo che le persone possano acquistare maggiore consapevolezza in merito al problema della conservazione”. Nello specifico, tre sono al momento gli interventi di restauro messi in atto. Sulla parete di fondo della Chiesa è possibile seguire il lavoro dei restauratori sui dipinti murali tardo cinquecenteschi appartenenti all’apparato decorativo originale dell’ex Coro delle monache. L’intervento dei restauratori si concentrerà in particolare sul trattamento delle lacune, per consentire una migliore leggibilità dell’opera in relazione alla sua storia conservativa e ridurre il disturbo visivo causato dall’interruzione della stesura pittorica originale. La parete della sala è decorata da tre lunette con scene della vita di Maria: l’Annunciazione, la Madonna del Latte e la Visitazione, realizzati probabilmente dopo l’acquisizione del convento da parte delle Agostiniane nel 1561. L’ambiente era usato, infatti, come coro dell’attigua chiesa consacrata nel 1570. La Madonna del Latte è l’unica parte non coerente con il resto del ciclo, è infatti un affresco staccato, databile intorno alla metà del XIV secolo. L’affresco presenta vaste porzioni lacunose trattate in ‘tinta’ in un precedente restauro, su di esso interverranno i restauratori, che in questo modo spiegheranno ai visitatori la tematica del trattamento delle lacune su di un affresco.
Dal complesso della cosiddetta Villa delle Terme degli stucchi dipinti presso Tor Vergata (I secolo d.C.), provengono i circa 7.000 frammenti di affreschi e stucchi che, dopo le operazioni di pulitura e consolidamento, verranno ricomposti mediante la ricerca degli attacchi fra le parti e il riconoscimento dei vari insiemi decorativi. Frammenti scoperti negli scavi organizzati dal Dipartimento di Storia Patrimonio Culturale e Società dell’Università di Roma di Tor Vergata e coordinati dalle cattedre di Archeologia e Storia dell’arte greca e romana. L’obiettivo finale è quello di rimontare su pannelli artificiali i nuclei maggiori della decorazione pittorica oltre a definire lo schema generale decorativo dell’ambiente. I frammenti, di dimensione variabile (da un minimo di 2 cm. ad un massimo di 30 cm circa), sono raccolti in 73 cassette. Questo laboratorio sarà visibile anche salendo su di una rampa che permetterà contemporaneamente di vedere lo spazio di lavoro dall’alto, e di osservare un altro gruppo di professionisti impegnato ad intervenire sugli affreschi ubicati nella parete di fondo della sala.
Dal Palazzo Farnese, sede dell’Ambasciata di Francia a Roma, proviene l’affresco staccato del Domenichino raffigurante ‘Narciso’, parte della decorazione del cosiddetto Casino della morte, eseguito dal pittore tra il 1603 e il 1604 e ora conservato presso il Salone delle Firme, che insieme agli altri due, ‘Venere e Adone’ e ‘Giacinto e Apollo’, furono realizzati per il cardinale Odoardo Farnese. Obiettivo dell’intervento è quello di effettuare un’operazione di conservazione e nello stesso tempo di valorizzazione di un’importante opera di Domenichino. (da adnkronos)
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