Dalla Danimarca arriva un importante atto di mecenatismo per riportare alla luce il Foro di Cesare nella sua interezza. Un significativo contributo alla conoscenza della storia che si cela nell’area archeologica dei Fori Imperiali, patrimonio culturale dell’umanità.
La Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ha siglato nei giorni scorsi una convenzione con l’Accademia di Danimarca, del valore di 1.500.000 euro erogato dalla Fondazione Carlsberg di Copenhagen (senza alcun onere di spesa a carico dell’amministrazione capitolina), finalizzata all’ampliamento del Foro di Cesare, tuttora l’unico dei cinque complessi architettonici imperiali a essere visibile nell’intera lunghezza originaria, mentre l’apprezzamento della sua larghezza è impedito dal fatto che un’ampia parte di esso giace ancora sotto il bordo di Via dei Fori Imperiali.
L’intervento, possibile grazie al significativo apporto danese, si innesta in un percorso di risistemazione dell’area promosso dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo e l’Area Archeologica Centrale di Roma, e costituisce la prima tappa di un più articolato e complessivo disegno che mira alla creazione di un rapporto armonico tra l’antico e la città moderna, restituendo in tal modo continuità al racconto storico di cui la Roma contemporanea è il risultato.
Le attività oggetto dell’accordo con la Danimarca avranno una durata di tre anni, eventualmente rinnovabile, e comprendono nella fase preliminare la realizzazione di un programma di ricerche finalizzato alla conoscenza delle varie fasi del complesso e alla sua fruizione. Seguirà la fase operativa con la realizzazione dello scavo archeologico in cui verranno effettuate le indagini stratigrafiche, la numerazione e schedatura dei reperti, il rilevamento e la documentazione grafica e fotografica dei ritrovamenti e la esecuzione degli interventi di primo restauro su murature e materiali.
L’area corrispondente all’antico Foro di Cesare è stata in larga parte scoperta nel corso di due ampi interventi di scavo realizzati dal Governatorato di Roma nel 1932-1933 e dalla Sovrintendenza Capitolina nel 1998-2000. Attualmente sono visibili i lati occidentale e meridionale, occupati dai portici, e un ampio tratto di quello corto settentrionale al cui centro rimangono i resti del Tempio di Venere Genitrice, con tre colonne della peristasi rimontate nel 1933. Obiettivo dello scavo è quello di riportare alla luce il fianco orientale del tempio e l’intero portico orientale della piazza, attualmente sepolti sotto la sede stradale di via dei Fori Imperiali e sotto i marciapiedi e le aiuole che la fiancheggiano.
Lo scavo potrebbe aggiungere, inoltre, importanti dati storico-scientifici alla conoscenza delle vicende medievali e moderne del monumento; nel sottosuolo è infatti presente una ricca sequenza stratigrafica riguardante soprattutto i secoli centrali del Medioevo, quando nell’area della piazza si insediò un agglomerato umano con le tipiche abitazioni dell’epoca, delle quali sono stati ritrovati molti resti. Sulla base della sequenza stratigrafica è poi prevedibile anche il ritrovamento di nuove sepolture afferenti a una necropoli protostorica dei secoli XI-X a.C. della quale tra il 1998 e il 2008 sono state già scavate 10 tombe, reperti importantissimi che consentono di ricostruire il paesaggio pre-urbano della nascente città di Roma e di gettare ulteriore luce sulle modalità. (da “Huffington Post”)